2008 - Teatro
Andare a teatro significa guardare nella direzione che è stata fissata e obbligata dall’architetto che ha disposto le poltrone per portare il fuoco dello sguardo al centro del palco. Gli attori sono il solo soggetto visibile e interessante. L’opera di Francesca Bersani, invece, rompe in modo abbastanza antipatico questa millenaria imposizione architettonica. I Germani non sono per nulla interessati allo spettacolo, anzi, si annoiano, fanno dell’altro, qualcuno gioca, altri leggono, ma tutti danno le spalle al palco. Semmai la loro attenzione è a sbirciare gli atteggiamenti della platea, che con la coda dell’occhio rischia anche di sentirsi osservata e infastidita da tanta invadenza. Sono solo gli attori che si accorgono veramente di quanto sta avvenendo in sala. Quasi come diventassero loro stessi spettatori di quello che il pubblico ignora. Davanti ai loro occhi, infatti, una moltitudine di Germani sta vivendo in un loro mondo autonomo, come in un cartone animato o in una favola, solo apparentemente legato agli atteggiamenti del vero pubblico teatrale. Le loro posture infatti, accompagnano lo sguardo al fondo, dove all’improvviso si apre una lunga fascia di eleganti personaggi bohèmienne, in coda all’esterno del teatro, tra alte e fascinose architetture di una improbabile Roveleto fin de siècle. Sono loro i protagonisti abituali dei quadri di Francesca Bersani, giunti fin qui, e in attesa pure loro, di entrare nella sala della finzione, dove quell’esercito di bambini irriverenti diventa protagonista.
Francesca Bersani, con questa opera, gioca sulla contrapposizione realtà-finzione tipica della macchina teatrale, riportando l’allusione su più piani di lettura contemporanei e contrapposti: il pubblico vero si rapporta con gli attori (la prima finzione), gli attori si rapportano con i Germani (la seconda finzione), e i Germani si rapportano con il pubblico stereotipato ed elegante, finto pure lui perchè antico, ma allo stesso tempo vero in rapporto ai Germani della fiaba. Da notare che il centro del palcoscenico, punto di vista privilegiato del pubblico e dell’opera tutta, non incita ad abbracciare tutta la fascia di fondo, ma scorre solo sulle pareti laterali. Al fondo si blocca e passa lentamente e indifferentemente da una parte o dall’altra, alla scoperta dei piccoli segreti nascosti qua e là, coma la elegante firma dell’artista. Bellissimo lo stacco tra le pareti laterali e la centrale, in cui il contrasto stilistico, cromatico, tematico e ideologico, crea un contrasto magico e intelligente, nel pieno spirito del teatro di tutti i tempi.
Alessandro Garbasi
8 novembre 2008 - PROGETTO TEATRO
L’anno scorso alcuni ragazzi della direzione del Centro, mi hanno chiesto di dipingere il teatro lasciandomi totalmente carta bianca.
Dopo aver avuto il via libera da Don Umberto ho iniziato i lavori. Era il 10 ottobre e pur non avendo lavorato tutti i giorni, ho terminato il 6 novembre. Durante questo periodo ho cercato di nascondere quanto stavo facendo… ma i curiosi non sono mancati e devo dire che a volte mi hanno tenuto compagnia. Dopo aver fatto così tanto mistero, sono pronta a presentare il mio lavoro. Mi piaceva l’idea di prolungare il pubblico oltre le pareti della stanza e allo stesso tempo che il teatro risultasse pieno anche quando vuoto. A questo punto ho pensato a quali soggetti sarebbero stati più adatti in un teatro. Ho ragionato sull’essenza di questo luogo, sul rapporto che ha col pubblico e sull’incontro/confronto tra il mondo reale appartenente agli spettatori e quello della finzione proprio degli attori. Sulle pareti laterali del teatro ho rappresentato un personaggio che ho creato qualche anno fa (“Germano”) per uno spot pubblicitario di promozione della lettura (mai andato in onda). Questo personaggio fissa il pubblico e contemporaneamente lo accompagna verso il fondo dove sono raffigurati altri personaggi più realistici che rappresentano il vero pubblico teatrale. Ho voluto creare un continuo gioco tra i Germano e queste persone; un gioco fatto di gesti, di sguardi, di posture e di stili totalmente differenti, che si respingono, si attraggono e si completano.
Colgo anche l’occasione per ringraziare tutti coloro che operano sempre nell’ombra e che mi hanno permesso (anche tecnicamente) di poter realizzare tutto questo. Infine dico grazie anche a Don Umberto che ha deciso di appoggiare questo progetto.
Francesca Bersani