Mostre 2006
"Frammenti di emozioni"
Critica della dottoressa Clara Carpanini
Le opere di Francesca Bersani sono fresche e già mature a livello stilistico con una personalità spiccata che emerge da un percorso intrapreso. Un percorso profondo esercitato e maturato nel tempo, non improvvisato.
Il suo lavoro può essere definito una “pittura di sguardo” nata con l’Impressionismo, che si basa appunto sul rapporto soggetto/oggetto. Da lì nascono artisti come Degas e Toulouse Lautrec che hanno la freschezza di segno e la rapidità che ritrovo anche in queste opere. La capacità di sintesi trasmessa attraverso la linea,evoca qualcosa di molto più forte. Le accosto all’immagine filmica. Sono vedute spesso urbane, legate forse a viaggi ed a città europee. Sembra di vedere dei frammenti, dei fotogrammi di un film, che è il film interrotto della nostra memoria, immagini che non riusciamo a salvare per intero e che solo l’espressione artistica può bloccare in tutta la loro intensità. Non sono legate solo alla realtà, ma mescolano l’emozione del viaggio e della scoperta al particolare che emerge nella veduta della città nell’insieme.
Le inquadrature hanno un taglio cinematografico, che attraverso primi piani e diagonali, ricordano il cinema francese.
Parlando della tecnica, occorre dire che lavorare su fondo bianco e controllarlo attraverso la linea e la stesura cromatica, non è facile in quanto il bianco è la maggior fonte di luce, è la luce a grado zero. Riuscire a modulare il bianco è segno di una grande abilità tecnica. Gli inserti di collage con vari materiali, interrompono l’immagine con un’interferenza contemporanea per darle un elemento tangibile e fisico. Inoltre, l’accompagnamento con le parole è una sorta di colonna sonora che scorre sotto l’immagine, ribadendola.
Il suo stile è fresco, da bohéme. Ha freschezza e leggerezza, pur trattando di soggetti che possono avere un’implicazione sociale, come i vagabondi. Il suo tocco leggero li riscatta nella loro forza e libertà. Rievocano un commento di Baudelaire nella Parigi di quegli anni: “La modernità è l’effimero, il transitorio, il contingente…” sono le immagini che noi carpiamo al volo, che sono l’altra faccia dell’eterno, dell’infinito. Dietro questi frammenti c’è molta più profondità e noi che siamo moderni la esprimiamo in questo modo.